Domenica 19 marzo, alle 22.oo, sono stato qui. Un’associazione di ragazzi del sud Milano (più precisamente di San Donato Milanese), che prende il nome di SandoCalling, sta organizzando una rassegna – sotto forma di cineforum – di film orientali, provenienti dal Giappone e dalla Korea del Sud. Volete sapere quali sono? Vi basterà cliccare il link lasciato da me qualche riga più in alto per avere tutte le informazioni del caso e che, se foste della zona e interessati, il cineforum è aperto a chiunque sia curioso di scoprire un minimo il cinema orientale, argomento che sto approfondendo io stesso con intensità da parecchi giorni a questa parte.
Il primo film della rassegna è stato “Rashomon“, per la regia di Akira Kurosawa, datato 1950. Questo film è tratto da un racconto ed ha una storia curiosa: inizialmente non ebbe molto successo in patria, ma dopo la scoperta di esso da parte di una professoressa di lettere, qui, in Italia, il film spopolò a livello internazionale, trionfando sia con la conquista del Leone d’Oro al festival del cinema di Venezia, sia vincendo il premio Oscar come miglior film straniero. Questa pellicola è il baluardo della scoperta del cinema nipponico a livello internazionale, ma specialmente nel nostro paese. E tutto grazie a noi italiani, sembra strano a dirlo oggi, ma fu proprio così che andò.
Il film inizia con un racconto da parte di un boscaiolo, che si ripara dalla pioggia incessante insieme ad altri due uomini: un brigantello e un prete. Il boscaiolo ha assistito all’uccisione di un ricco samurai e insieme a lui anche la moglie dello stesso e un brigante molto famoso della zona per la sua meschinità: Toshiro Mifune (attore feticcio dello stesso Kurosawa, che lo utilizzerà in numerosissime delle sue pellicole).
Le storie dei testimoni sono contrastanti e ci sono 4 verità da districare, 4 verità che portano alla soluzione del delitto, ma che nessuna di esse porta alla luce la realtà della situazione.
Il film ha un’impostazione prettamente teatrale, fatta di silenzi, primissimi piani e quadratezza dell’immagine che danno l’idea di essere dinanzi ad un palcoscenico, piuttosto che ad uno schermo. La recitazione è curata nei minimi dettagli e la macchina da presa risalta tutto ciò di bello che gli attori fanno e dicono in scena.
Quello che colpisce, però, è come Kurosawa distrugga una cultura millenaria, come è quella giapponese, in un’ora e mezza. Basta questo: 4 storie raccontate in un’ora e mezza per ridicolizzare la moralità e la società giapponese. L’onore al centro di tutto, l’egoismo e la sete dell’apparire e dell’arricchirsi permeano totalmente l’opera in questione, lasciando spazio ad interpretazioni e elucubrazioni infinite sulla natura dell’uomo e sulla sua psiche, finendo per perdere completamente fiducia in tutta quanta l’umanità. Questo è quello che “nasconde” il capolavoro di Akira Kurosawa, un film che ancora sento dentro di me dopo la visione avvenuta quasi 24 ore fa e che rimarrà per sempre, con degli squarci, impresso nella mia cornea e nel mio corpo. Guardatelo, amici, non vi pentirete di nessuno dei minuti impiegati nella visione di quest’opera.
Grazie dell’attenzione.
Jakk
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bella iniziativa, la segnalo ad un amico che sta a Milano, anche se non so se gli sia comodo San Donato… ciao
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